lunedì 20 giugno 2016

Addio a Pietro Sormani, inviato del Corriere a Mosca negli anni '70




 Stavamo progettando un nuovo viaggio in Russia e Pietro aveva proposto Mosca, anche se era una  meta più volte percorsa, e a me che insistevo per andare ad esplorare spazi russi ancora    sconosciuti, replicava che desiderava ritrovare le emozioni che gli avevano dato certe vie, certi  luoghi della capitale.
 Ci aveva trascorso 5 anni come inviato del Corriere della Sera, in un periodo storico non sospetto,    cioè di  esplicita guerra fredda, vale a dire la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70, durante il regime  brezneviano. Allora le sue corrispondenze dall'Urss erano lette con molto interesse, tanto poco  poteva altrimenti  trapelare  oltre la cortina di ferro.
 Per quanto fosse stato, prima di questo incarico, e destinato poi, in  altre prestigiose sedi quali,  Londra Bruxelles Hong-Kong e Bonn, era sentimentalmente legato alla Russia dove era stato spesso  negli ultimi anni. Cercava in essa quel sentimento religioso, unico nella sua umiltà e universalità che  permea le pagine dei libri dei grandi scrittori e si respira nelle  chiese russe, durante le funzioni del  tardo pomeriggio dove i fedeli, esaurite le brighe quotidiane, entrano per riprendere il  dialogo con  Dio e ritrovare se stessi.
 La morte l'ha colto così di sorpresa che forse non se ne è neanche accorto e (così ce lo immaginiamo) continua a progettare itinerari che lo riconducano a Mosca.

La fotografia, di inizio settembre 2015, lo ritrae a Suzdal' in attesa dell'autobus per Vladimir.





1 commento:

Daniela Lunghi ha detto...

Ho trovato in vecchio libro un ritaglio di giornale milanese, senza intestazione, ma del luglio de 1974. Riporta un articolo intitolato: "Quanto è possibile un viaggio in Cina- una cauta misurata apertura." a firma di Pietro Sormani.